(CNI 2011)
con il contributo di
Grechesche by Khaossia Ethno Salentina


I Khaossia si vestono da galeotti a bordo della nave di Annibale Basalù, console per la Repubblica di Venezia a Otranto nel XVI secolo. In sua compagnia intraprendono un ipotetico viaggio con destinazione le coste assolate di Terra d’Otranto, partendo dai salotti della ricca e opulenta Serenissima e toccando i porti dello Stato da Màr, le terre su cui imperava il leone di San Marco.
Per centinaia d’anni il predominio veneziano nel Mediterraneo non è stato solo politico ed economico. La sapiente e interessata mano tentacolare della Serenissima, infatti, ha permesso che terre, anche lontane, entrassero in contatto tra loro contaminandosi culturalmente. Si trattava prevalentemente di popoli accomunati da un altro elemento, il mare, visto come fonte di ricchezza, di vita, di ispirazione artistica.
I brani sono stati composti ispirandosi alle immaginarie atmosfere dei porti toccati dalla galea, cercando di far emergere nei luoghi, metaforicamente rappresentati dalle tracce, un denominatore comune, ovvero il DNA marino e mediterraneo.
Anche questa volta i Khaossia hanno attinto dal repertorio antico, ripescando e stravolgendo in chiave folk, quattro Grechesche (una sorta di villanella dal carattere burlesco, pittoresco ed eterogeneo) pubblicate nel 1571 dal compositore veneziano Andrea Gabrieli. I testi, rispettati nell’esecuzione dai Khaossia, furono composti dall’eclettico Antonio Molino detto Burchiella, rappresentante della letteratura stradiostesca, e utilizzano una sorta di fusione linguistica tra veneziano, istriano, dalmata e greco. Molino fu un attore comico, un poeta, un compositore e un mercante di professione. Il perfetto compagno di viaggio dei Khaossia.
La destinazione del viaggio è la Terra d’Otranto dove la comunità veneziana era presente già nell’836 quando aiutavano, con le loro navi da guerra, Longobardi e Bizantini a tenere lontani i pirati saraceni dalle coste adriatiche. I Veneziani si stanziarono nel Salento, tra il XV e il XVIII secolo, assumendo da subito incarichi pubblici, al fine di tutelare i propri interessi commerciali e garantirsi i preziosi porti. Le testimonianze di questa “fratellanza” forzata tra Venezia e la Terra d’Otranto sono evidenti ancora oggi nel palazzo del governo cittadino di Lecce e nella cappella di San Marco con il suo immancabile leone. Tra le tante famiglie veneziane che si stanziarono nel Salento, i Khaossia hanno scelto di viaggiare con i Basalù, famiglia inquieta e con una storia intrigante, che per anni furono alla guida della città di Otranto.
Il gruppo salentino ha riunito per questo cd, oltre al nucleo centrale composto da Luca Congedo, Fabio Turchetti, che ha curato come sempre la composizione e l’arrangiamento dei brani, e Stefano Torre, altri amici di diversa formazione e provenienza. L’obiettivo è stato quello di ricreare, anche all’atto della registrazione, l’atmosfera degli incontri casuali che avvenivano nei porti del Mediterraneo, tra musicisti diversi, per lo più dilettanti e mercanti. Atmosfere surreali ricreate dall’affiancamento di strumenti musicali lontani per genere (colto e popolare) e collocazione spazio-temporale. Traversa rinascimentale, laouto cretese, violino, tamburo a cornice salentino, organetti, chitarra si fondono insieme in questo cd con naturalezza.
Recensioni
Tracklist
- Cando pinso al turmendo (Grechesca)
- Basalù
- Mi xe stao in tutte cande (Grechesca)
- Aγία Σοφία (Agia Sofia)
- Rakalj
- Como viver mi’ l posso (Grechesca)
- Stato da Mar
- Zattere
- Terra d’Otranto
- E vu, fiume, chie dèu tributo (Grechesca)
- Acaya
- San Marco
I Khaossia
Luca Congedo, traversa rinascimentale, flauto soprano rinascimentale, flauto traverso, Turkish flute, porcelain transverse flute.
Fabio Turchetti, organetto, fisarmonica, chitarra.
Stefano Torre, voce, laouto cretese, tamburo a cornice.
Musiche composte e arrangiate da Fabio Turchetti
e con…
Simona Maffini, voce.
Su Qi, violino.
Riccarda Dacquati, clarinetto.
Lorenzo Colace, chitarra.
Libretto
1) Cando pinso al turmendo
Cando pinso al turmendo
Chie ti me ‘l dastu, amori,
Thòra chie ‘l me xe rotta
Mio lanza, e mio cavallo scamba via,
Chie no ‘l posso far botta
Gnesuna chie bon sia,
Irteme tanda stinza dendro ‘l cori
Chie moro del dolori.
Haimena, se t’havesse
sul man, O chie pulesse
zunzerte Cul spathia
un zurno, mariolletto,
Te ‘l tangiarave ‘l viso al to despetto.
(versi di Antonio Molino)
2) Basalù
La famiglia Basalù fu uno dei nuclei di ricchi mercanti provenienti dalla Serenissima che si stanziarono in Terra d’Otranto, comprando feudi e ricoprendo importanti cariche politiche. Le fonti storiche accertano che fossero originari di Candia, l’attuale Creta.
Un’altra tesi afferma che il cognome Basalù, o Bascià, provenga dal turchesco Pascià. Si narra che, durante l’assedio di Otranto nel XV secolo, un turco si ribellò agli ordini del sultano Akmet Bascià e per tale motivo il sultano gli inviò un laccio, ossia una condanna a morte.
Tale turco per sfuggire alla morte si nascose vicino Maglie dando vita alla dinastia dei Basalù.
3) Mi xe stao in tutte cande
Mi xe stao in tutte cande
Catro barte del mundo,
Cercando in tundo in tundo,
E l’ostro e ‘l tramundana,
E ‘l pulende e ‘l levande;
No ‘l visto mai fra tande
Donna chie del vertù sia plio surana.
Unde la benendigo
Mio stella, mio vendura
E mio destin amingo,
Chie me ‘l fado vegniri
Aldir chesta verzinia in mio vecchiezza,
Per far satiar mio cor del so dulcezza.
Cusì pulesse haveri
In mio burchella e barca
El musa del Pedrarca,
Chie ‘l farave sendiri
Chie dendro ‘l so bel viso
Sta tutto canto ‘l ben del parandiso.
(versi di Antonio Molino)
4) Aγία Σοφία (Agia Sofia)
Santa Sofia è il monumento più rappresentativo di Costantinopoli, l’attuale Istanbul. Prima Basilica poi Moschea e attualmente Museo, in sé raccoglie secoli di storia del Mediterraneo: le lotte tra Chiesa latina e ortodossa, le crociate e i continui conflitti tra Cristiani e Musulmani.
A bordo della galea i Khaossia porgono il loro omaggio e il loro rispetto per essere sopravvissuta alle intemperie del tempo, della natura e dell’uomo.
5) Rakalj
Chiamata anche Castelnuovo d’Arda, era uno dei porti d’ancoraggio veneziano dell’Istria, località di marinai e musicisti.
6) Como viver mi’ l posso
Come viver mi ‘l posso,
Chiara zendil signora,
S’a un sguardo sol d’amori
M’havè rubà ‘l mio cori?
(versi di Antonio Molino)
7) Stato da Mar
L’insieme dei domini marittimi della Repubblica di Venezia era chiamato Stato da Mar ed era amministrato da una rete fittissima di funzionari veneziani.
8) Zattere
La fondamenta delle Zattere, una delle zone più antiche di Venezia, rappresenta il limite meridionale della città. Si dice che il nome deriverebbe dalla sua passata funzione di punto d’arrivo dei preziosissimi carichi di sale.
9) Terra d’Otranto
La Terra d’Otranto è la destinazione finale del viaggio dei galeotti. Comprende le terre del Sud della Puglia, capeggiate dalla provincia di Lecce, circondate dal mar Ionio e dal mar Adriatico. Fu la residenza della famiglia veneziana dei Basalù ed è la patria natale dei Khaossia.
10) E vu, fiume, chie dèu tributo
E vu, fiumi, chie dèu tributo al mari,
Piave, Ladese, Po, Sil, Brenta et Ogio,
Vegni cha tutti canti a lagrimari
La morte d’Adrian, del chan me dogio,
Chie no ‘l porà mie versi plio lustrari
Cu ‘l dulce canto chie rumpe ogni scogio.
O megàlos cordogio!
Del mundo tutto, Chy sarà mo chello
Chie in armonia del par vaga cun ello?
(versi di Antonio Molino)
11) Acaya
La paura dei turchi, dopo il terribile sacco di Otranto del 1480, oltre a generare storie, leggende, miti popolari giunti fino ai nostri giorni, spinse anche a rafforzare le difese costiere.
Un esempio è la città fortificata di Acaya, piccolo borgo che sorge a pochi chilometri da Lecce e dall’Adriatico, considerato un gioiello di architettura militare. Fu l’opera del celebre Gian Giacomo dell’Acaya, ingegnere militare di Carlo V.
12) San Marco
San Marco evangelista è il patrono di Venezia. Secondo un’antichissima tradizione, un angelo in forma di leone alato, avrebbe preannunciato al Santo, naufrago nelle lagune, che in quelle terre il suo corpo avrebbe trovato riposo e venerazione.
San Marco oltre a essere il protettore di Venezia, può essere considerato un vero e proprio testimone della peculiarità della città. Il suo simbolo, il leone, è presente sul vessillo, che per secoli ha sventolato imperante sulle navi e nelle città dello Stato da Mar.
All’evangelista è dedicata la Basilica ricoperta di oro, preziosi manufatti, opere d’arte provenienti lecitamente o illecitamente dalle colonie e dai commerci, a testimonianza della prosperità e della fede. Il leone, simboleggiante la potenza e il dominio della Serenissima, era scolpito ovunque nel Mediterraneo.